NaNo2020: Quattro-Due-Sette

Con la seconda settimana di NaNo alle spalle e una grossa riscrittura in corso, arrivo al sedicesimo giorno con:

  • 43600 / 50000 parole scritte
  • all’inizio del capitolo 20/26
  • una tastiera rotta (mi scopro impossibilitata a esprimermi senza l’uso del CAPS LOCK)
  • tanta voglia di abbandonare

In qualche modo me l’aspettavo. Sono eternamente stanca, facilmente distratta e mi sono messa a cucire un tappeto piuttosto che scrivere ancora regolarmente e forse terminare in anticipo un progetto che sto amando, ma…

Lo so, lo so, è colpa mia. Prima di tutto mai avrei dovuto lasciare la riscrittura di interi capitoli al clima del NaNo. Avrei dovuto aggiungere piano piano wordcount, nel periodo da maggio a ottobre, recuperare quelle 4000 parole mancanti buttando cose a caso e poi sistemare ora, non ritrovarmi davanti a capitoli vuoti.

Ma, come da episodi precedenti, i vuoti ci sono per un motivo. Mancavano parti importanti che mi avrebbero permesso di arrivare dal punto A al punto B e poi al punto F (Finale). Avevo A e F, ma il vuoto al centro, per alcune dinamiche e sono quelle su cui sto lavorando.

Il lockdown, che per me è durato fino a settembre e che consisteva nel non uscire nemmeno per buttare la spazzatura, non ha aiutato. Un po’ per la mia salute psicologica che già non è proprio delle migliori, un po’ perché una parte dei miei dialoghi deriva da pezzetti che ascolto in giro, gesti che catturo e annoto e mi sono ritrovata senza materia prima.

Attualmente, però, devo scrivere 427 parole per poter finire in tempo. Quattrocentoventisette parole non sono nemmeno una pagina di Word, sono un piccolo dialogo, uno di quei banter che i miei personaggi adorano scambiarsi. Inizia la crisi della terza settimana, la crisi del non ce la farò mai, sono un terribile impostore, non so scrivere, ma sono solo 427 parole al giorno per arrivare alla fine. In dieci giorni coprono le parole che mi mancano e poi il resto è editing.

Posso farcela.

Forse.

NaNo2020: la crisi della seconda settimana

Rileggendo i ricordi su Facebook, a testimonianza eterna delle difficoltà del passato, è abbastanza chiaro che quello della crisi della seconda settimana sia un problema che mi colpisce ogni anno.

Passato l’entusiasmo iniziale, macinate le parole che introducono il progetto, devo per forza fermarmi e valutare che strada intraprendere dopo. Non è una questione di editor interno cattivo, perché quello è ben presente anche nella prima settimana, ma più di un genuino non sapere dove voglia andare a parare.

Non è nemmeno un problema che mi appartiene soltanto, perché basta cercare Second Week Slump per rendersi conto che a) è un problema comune e b) è possibile applicarlo a qualsiasi attività richieda una certa costanza.

Quello che non mi aspettavo, dopo una settimana di aggiornamenti regolari anche e soprattutto in condizioni in cui mai avrei scritto in altre circostanze e che invece mi hanno lasciato con un discreto word count alle spalle, era che questo momento mi avrebbe colpita anche per la rilettura/editing.

Non avevo dubbi riguardo al fatto che avrei aggiunto e ampliato molte cose degli ultimi capitoli, ma non mi aspettavo di costringermi a fermare, rileggere e rendermi conto che tutta la parte centrale andava riscritta.

E quindi parte l’analisi, ora e una sesta rilettura e forse una riscrittura più completa. Per fortuna il sito mi richiede circa mille parole al giorno soltanto e posso passare qualche ora in più a sistemare il disastro che è la seconda parte.

Nano2020: A dangerous method

WOAAAAAH We’re half way there
WOOOOO – OOOOOOOOOOOAAAA Livin’ on a prayer

Sono giunta a quasi la metà del romanzo. Non pensavo di riuscirci in meno di una settimana e invece eccoci, un capitolo importante per i miei due protagonisti è concluso e ora… iniziano i buchi.

I buchi di trama, per cominciare, le parti in cui, in prima rilettura, so che mancano parti che vadano a raccontare i molti personaggi di contorno e il loro rapporto con i protagonisti.

I capitoli a metà, con un wordcount o numero di pagine che non va bene, perché troppo corti rispetto agli altri, in cui posso inserire particolarità dei personaggi, banter e cose simili che non considero filler perché contribuiscono alla caratterizzazione.

I capitoli mancanti. Quelli che, verso la fine, si sono moltiplicati esponenzialmente perché appunto mancavano i legami tra i personaggi, le motivazioni per cui facevano certe cose. Il succo del capitolo c’è, ma non avrebbe avuto senso scriverlo allora, senza una base dietro, per cui due capitoli interi mancano. Sono circa 4000-5000 parole.

Appunto per questo, dopo una settimana dall’inizio, ho deciso di darmi un metodo diverso dal fare il più possibile. Fare il più possibile ha prodotto questi wordcount:

Quelle 6200 parole sono state revisionate al grido di Libertà o morte, l’intera palette Blue Blood sul viso. Ipoteticamente.

Giunti a metà dell’opera, tali wordcount non sono più vivibili. Non perché non possa revisionare due capitoli di fila, ma perché mi sto appunto avvicinando a quelli che non sono riuscita a scrivere la prima volta e che questo significa che dovrò darmi dei calci per scrivere.

Perché? Perché, come da post precedente, le parole effettivamente scritte sono poche. Ad oggi si aggirano intorno alle 4000, ovvero quello che avrei dovuto scrivere in tre o quattro giorni. Questo significa che il punto del NaNoWriMo, lo scrivere ogni giorno un tot di parole, non è un meccanismo ingranato e che rischio di ritrovarmi tra due capitoli, davanti al foglio vuoto, con il panico e nulla da scrivere.

Quindi ecco la prima restrizione al metodo di lavoro che sperimento per la prima volta e che ha quindi bisogno di qualche regola:

  • Nessuna revisione di più di un capitolo al giorno
  • Nel caso volessi davvero scrivere continuare ad aggiungere parole al conteggio, scrivere qualcosa di nuovo

Che cosa significa, nei fatti?

Per prima cosa, significa che avrei dovuto mettere il file (che supera le 130 pagine, attualmente) su Scrivener, per poter avere la libertà di lavorare a capitoli diversi senza perdermi.

  • Mettere il file su Scrivener prima dell’inizio di Novembre

Poi, vuole dire trovare un modo diverso di contare le parole scritte, che finora sono state in capitoli interi. Per il momento penso di fare una semplice sottrazione, segnando il numero di parole iniziale. Scrivener aiuterebbe, ma ho cominciato anche a impaginare…

  • Mettere il file su Scrivener prima dell’inizio di Novembre

Take my hand and we’ll make it – I swear

Johannes Bonus Jovius (1372)

Nano2020: Giorno 3

Nano2020: Giorno 3

Avrei voluto postare dopo una settimana, ma ho già qualcosa da dire. Strano, direte voi, non sei per niente prolissa. Di seguito le mie statistiche, partendo da quella più impressionante.

Il progetto è al 27% dopo tre giorni di lavoro. Non ho calcolato quante ore abbia trascorso sul testo tra riscrittura ed editing, ma tra quelle e ulteriori ricerche (che includono leggere opere che partono dallo stesso principio o hanno gli stessi personaggi reinterpretati) penso di aver sfiorato le cinque ore al giorno.

Che cosa significa?

Non significa di certo che finirò la settimana prossima, sebbene il mio piccolo cuore stressato lo apprezzerebbe. Paradossalmente, per prima cosa, significa che lavoro al romanzo per circa tre ore in più rispetto a un NaNo normale. Di solito scrivo le mie mille seicento e passa parole in circa due ore, tre se proprio non sono ispirata.

Il terzo giorno del Camp Nano di Aprile avevo scritto 2582 parole in tutto perché il progetto era ancora fortemente instabile, ma erano 7412 nel Nano dell’anno scorso, in cui avevo personaggi e piano più chiari e 7115 nel Camp di Aprile 2013, quando ancora scrivevo rapidamente e bene. Solitamente la prima settimana passa in un momento e dalla seconda iniziano i problemi.

Le parole effettivamente scritte in questi tre giorni sono 2360.

Cosa significa? Ho fatto schifo? Sono un terribile fallimento?

No. Semplicemente non è semplice come sembra e il punto di ribellarsi è che un editing in fase di Nano è del tutto contrario alla filosofia di scrivere a caso ed esorcizzare il testo dopo tre mesi. E lo capisco. Non si scrivono 5001 parole pensando a ciò che si scrive e l’editing tiene in considerazione molte più cose del buttare una trama sul foglio: le caratteristiche dei personaggi, le loro motivazioni, la stessa logica del mondo in cui si muovono limitano ciò che si scrive.

Sono al capitolo 7, ma rimando l’editing della parte che rimarrà nel romanzo a domani, per essere un po’ più lanciata per le 1400/1600 parole che mancano e che sono tutte di particolarità che mancano ai personaggi, possibilità che hanno per evolvere verso poi quello che è il finale, che è già scritto, ma manca di “passi”, piccole parti di evoluzione caratteriale che possano rendere il personaggio più vivo.

TL;DR ho scritto meno di anni più sfigati di questo, ma voglio bene ai miei personaggi e si meritano le tre ore al giorno in più che dedico loro.

NaNo2020: Rebel Rebel

Hey babe, your word count’s alright
Hey babe, let’s go out tonight

Tra le tradizioni consolidate di Casa Lerajie (Hear us cry), quella del NaNoWriMo supera appena di importanza quella molto antica e sentita di rovinare canzoni di David Bowie sbagliando ritmo e finendo per cantare Ma Baker (Rebel Rebel, She taught her four sons, Rebel Rebel, To handle their guns).

Il NaNoWriMo è un evento che mi accompagna da metà della mia carriera come scrittrice su internet. L’ho usato come virtuale calcio in c… per decidermi a scrivere dal 2012 e da allora è l’annuale momento in cui mi obbligo a tirare fuori qualcosa, qualsiasi cosa, anche a costo di lasciare perdere dopo una settimana.

Per chi non lo sapesse: si tratta di un evento online in cui ci si impone di scrivere una storia di 50000 parole in un mese, 1667 parole al giorno, senza per forza che questa sia coerente o, soprattutto, pronta da pubblicare (nemmeno su Wattpad). Questo dovrebbe produrre una bozza o un canovaccio, nei casi peggiori, da prendere come spunto nei mesi successivi per una riscrittura o un buon editing, che potrebbe rivelare una bella schifezza o una cosa più o meno decente.

Ne consegue, quindi, che il NaNo è un evento perfetto per chi non è sicuro di poter scrivere un libro intero, per gli insicuri, gli indecisi, i pigri, i malati cronici con la glicemia ballerina e forse persino gli autori affermati, purché non passino l’intero mese di novembre sui gruppi dedicati a urlare, camicia strappata tra le mani come un Kirk qualsiasi, che il NaNoWriMo soffoca la loro arte, non permette loro di esprimere le loro segrete inclinazioni.

Sì, per favore, smettete di dire che dal NaNo può uscire solo una porcheria, perché rivelate di voi che non avete mai fatto tre riletture nemmeno per la Tesi di triennale, figurarsi i mille libri al mese che pubblicate su Amazon.

Dal NaNo escono porcherie. Ma porcherie complete. Dopo anni di autocritica in cui una vocina vi dice che non combinerete mai nulla (potrebbe anche essere la vocina di un parente a scelta), ecco un romanzo, dall’inizio alla fine. Una porcheria, in cui è possibile che confondiate Est e Ovest come nel testo che sto editando e che i personaggi cambino completamente dalla prima all’ultima pagina e non in un modo organico.

Il NaNo serve a tirarsi dei calci. Serve a confrontarsi con gli altri e vedere le loro porcherie, serve a bloccare autori affermati (TM) su Facebook perché sono insopportabili, serve a capire che scrivere un libro è un processo.

E uno di questi processi è l’editing. E proprio a questo mi dedicherò nelle prossime settimane, dopo anni di NaNo, passerò finalmente alla ribellione. Editerò per tutto il mese di Novembre il romanzo che, grazie al Camp di Aprile, ho scritto nonostante l’Apocalisse in corso.

In particolare conterò il totale delle parole scritte e editate, numero che tenderà a essere esageratamente alto nei primi capitoli, ma scenderà rapidamente perché alcuni capitoli richiedono una riscrittura totale perché, come accennato, i personaggi nel frattempo si sono evoluti e ci sono parti che vanno mostrate prima.

E non solo: ho deciso di essere basic e fare anche una playlist e forse anche una bacheca pinterest, come suggerito dal sito del NaNo, tanto per vedere se avere una aesthetic (TM) possa aiutare a rendere organico e coeso un testo.

Quest’anno mi unisco alla ribellione.

Ma Ma Ma Ma.

Storie di Schrödinger. O: giuro che sono stata pubblicata nel 2014

Correva l’anno 2013. O forse 2012. Avevamo da poco superato l’Apocalisse annunciata – era la terza, da quando avevo coscienza – e io ero da poco rientrata da una disastrosa prima iscrizione all’Università all’estero, in cui avevo scoperto che, per qualche bizzarro motivo, stare lontano dallo iodio del Mar Mediterraneo aveva un effetto deleterio per il mio equilibrio tiroideo esattamente quanto l’aveva per gli altri malati. La differenza era che agli altri malati i dottori credevano.

Strano quanto non avere tiroide e avere la tiroide bruciata per le radiazioni non sembri la stessa cosa, agli occhi dei luminari.

In ogni caso, correva un anno a scelta tra il 2012 e il 2013. Non posso controllare perché, meraviglia delle meraviglie, pare che anche quell’informazione sia sparita dall’etere. E proprio questo è il punto in questione, ma questo è uno spoiler, per cui fingiamo ancora che i Maya abbiano calcolato male quanto materiale servisse loro per il calendario. Un esercizio mentale semplice, se avete mai avuto un hobby come il cucito.

All’epoca ero una scrittrice rinomata in un certo fandom e forse anche in due. Come sempre, il mio progredire nella vita andava a stralci di ossessioni, concentrarmi su più cose alla volta era un peso, ma almeno ero molto, molto produttiva. Nonostante avessi appena vissuto tre mesi della mia vita girando di notte per le vie di una città sconosciuta perché il mio cervello non funzionava, ero incredibilmente produttiva e attiva nel fandom. Non ho mai pensato alle fanfiction come a qualcosa di meno degno di una storia originale, ma, com’è ovvio, avevo il sogno nel cassetto di diventare una scrittrice rinomata – e ricca -, con il proprio libro sugli scaffali – e un sacco di soldi – e mimavo fantomatiche interviste mentre mi vestivo al mattino. Quando mi vestivo. Ero anche in preda a una brutta depressione, in quel periodo.

All’epoca, ancora, una casa editrice era appena nata, una casa editrice fresca, tutta al femminile, ma… Lascio la presentazione alle loro parole, come riportate dal blog Sognando tra le righe:

“La Mela ha uno staff tutto al femminile, ma non per questo debole: anzi, proporremo testi forti, audaci e sovversivi. Sono l’horror, la fantascienza, il fantasy e le contaminazioni i principali punti fermi. Un posto speciale ce l’ha anche la narrativa LGBT (M/M e transgender), che difficilmente trova posto nel mercato editoriale tradizionale a causa delle sue tematiche, ma che ha un pubblico vastissimo e affamato.”

Io ero, in tutto e per tutto, in pieno nel loro target: appassionata di horror e fantascienza, scrittrice prevalentemente di M/M (e rileggendo questa presentazione mi rendo conto che mancano 2/4 della sigla LGBT) e alla disperata ricerca di un editore che potesse ispirarmi a continuare la storia che portavo avanti mentalmente dal liceo, legata alla mia protagonista, Marie, in un genere che era tra l’urban fantasy e quello che poi è diventato Supernatural, ma che, con il senno di poi, chiamerei: il genere Buffy.

Buffy mi aveva accompagnata per una grossa parte degli anni 90. Una donna forte e fragile e, soprattutto, un racconto corale che, per una pura coincidenza, trattava anche di sovrannaturale. Era il mio obiettivo, quello: muovere Marie, il suo passato difficile, il suo potere soverchiante, attraverso scenari sovrannaturali, ma raccontare soprattutto la sua storia. Quindi, sì, assolutamente, ero il target di questa casa editrice.

La Mela Avvelenata non era, a sua discolpa, una casa editrice unicamente digitale. Ricordo una Cartoomics in cui avevano un discreto banco espositivo, con belle copertine e una scelta di titoli che davvero manteneva la promessa. Ne ho ancora alcuni in bella vista nella mia libreria. Il suo target e la sua offerta mi ispirarono a scrivere, ad andare avanti, nella speranza di finire il romanzo su Marie e proporlo al mondo. Marie Sperelli era una figlia a lungo covata e che poteva finalmente muoversi in uno scenario letterario che non è quello attuale, con la scelta attuale, ma era tristemente chiuso, invece, in scelte editoriali safe.

In questa serie di post vorrei raccontarvi dell’unica volta in cui si è affacciata sul mondo, per poi sparire di nuovo nei meandri del mio disco rigido, la sua esistenza al di fuori testimoniata da un paio di post su antichi blog e il santo goodreads.

Per prima cosa, parleremo del contest.